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scrisse nell' aurea DIFESA DI DANTE,, Vedete ch' io penso ra gionevolmente, e veggo che l'invenzione di questa fiera ha più ,, del grande di quello ch' altri si crede. Nè mi saprò mai dare ad intendere che avesse a nascere un principe, signore d'una larga nazione, e profeticamente disegnato, che con l'armi sue dovesse cacciare di città in città, e rimettere in inferno l' avarizia di Dante Pensò il Gozzi ch' egli con la selva esprimesse i proprj vizj ed errori, ma in quelle tre fiere intendesse,, i vizje i viziosi della città sua propria, e dell' Italia medesima Intorno la quale opinione io stimo, che senza mancare della riverenza debita a tanto uomo mi sia lecito il dire, come a molti non parrà verisimile, che procacciando il Poeta di spogliarsi de' proprj vizj, i vizj dell' Italia potessero fargli arduo e non supera、 bile impedimento.

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Nulladimeno quella giustissima considerazione del Gozzi venendo per avventura all' animo di Monsignor Giovanni Jacopo de' Marchesi Dionisi di Verona, dessa, come io credo, gli fu cagione a pensare ciò che nell' Aneddoto II. de' suoi Blandimenti funebri si legge,, Dante intese per la lonza, Firenze; per lo leone, il regno di Francia; e per la lupa, Roma, o sia la curia Roma

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to non confortò: che anzi avendo soggiunto,, doversi per la selva intendere la pubblica Reggenza Fiorentina,, il valente Commentatore Romano avvertì, come sarebbe d'uopo l' interpretare,, che volendo il Poeta uscire della Reggenza Fiorentina, si opposero a lui Firenze, Roma, e il Reame di Francia,, al che troppo apertamente contrasterebbe l'autorità della storia: nè Monsignore, per quanto m'è noto, fece parola alcuna di risposta. Ma l'opinione ch' egli portò delle tre fiere, io tengo per fermo essere stata seme, il, quale oggi (se l'amore di questa mia fatica non m' inganna ). frutti al Divino Poema nuova, e più verisimile, e, se a Dio pia-.

assai più nobile interpretazione. Alla quale però innanzi che si proceda, vuolsi notare alcune cose che alla comune dichiarazione di quest' allegoria, per mio giudizio, stan contro, e quindi brevemente toccare le qualità del Poeta, e le cagioni del Poema.

E facendomi dal primo proposito, io dico, che lontanissima. dal vero, e assai disadatta a rappresentare le ree passioni ed i vizj sarebbe l'immagine di un orribile selva. Hanno essi per mala sorte piacevolissimo aspetto e molto soavi lusinghe; onde avviene di necessità che colui, il quale a' vizj si abbandona, più sempre vaghezza e dilettamento ne prenda, nè mai volga l'animo a' miserabili effetti che poi di quelli provengono. Per la qual cosa finse avvedutamente il Gelli nella sua Circe, che de' compagni d'Ulisse, fatti bruti per lo incanto della Maga, niuno curava di risorgere alla nobiltà dell' umana natura. Che appunto coll' Isola di Circe (e taccio del notissimo bivio d' Alcide ), gli antichi filosofi intesero a simboleggiare i vizj, e le male passioni degli uomini, ma riccamente adorna, e in vista gradevole e dilettosa figu

Tarono quella regione. Veggasi Omero nel X. dell' Odissea :· Come ne comandasti, illustre Ulisse,

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Fummo a le selve, e agli occhi ne si offerse

In ragguardevol loco della valle

Un adorno palagio, fabbricato

Di liscj marmi, ove tessendo stassi

Tal, non so s'io la chiami o Donna o Dea,

E dolcemente canta: i miei compagni

A lei mosser la voce, ed ella tosto

Uscendo aperse le lucenti porte.

E Virgilio stesso nel VII. dell' Eneide:

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Dives inaccessos ubi Solis filia lucos
Assiduo resonat cantu, tectisque superbis
Urit odoratam nocturna in lumina cedrum,
Arguto tenues percurrens pectine telas.

Ora si ponga mente alla selva di Dante:

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Questa sola comparazione basterebbe, per mio avviso, a far ciascuno capace', che altro intese il Poeta per sì fatta selva; ancorché egli niuno indizio ne avesse dato di credere in tutto conforme al

vero quella finzione degli antichi sapienti. Ma ventura volle ch'egli il facesse nel Canto XIX. del Purgatorio, ove le passioni ed i vizj manifestamente rappresentò colle bellissime sembianze di lusinghevole Sirena :

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vago

Al canto mio: e qual meco s'ausa

Rado sen parte, si tutto l' appago.

Nè la interna deformità di costei fu palese al Poeta, se non quando altra Donna santa ed onesta, cioè la virtù, o come altri intendono la filosofia, fendendole i panni, ne discoperse il ventre contaminato. Però se conformemente alla dottrina istessa di` Dante, non altrimenti si può conoscere la turpitudine de' vizj che per mezzo della virtù o della filosofia, ne segue, ch' egli non avrebbe potuto scorgere l'orridezza della selva, fnorchè superato

opposto monte, o compiuto con Virgilio il maraviglioso viaggio. E quale de' commentatori ne seppe dire perchè quella selvosa valle, immagine delle passioni, e de' vizj, Dante chiamasse più volte deserta? E perchè Beatrice temesse sì forte d'essersi troppo tardi levata al soccorso di lui? Con che parmi recasse offesa non lieve alla divina clemenza, la cui mercè spesse volte fu bastevole poco pianto a lavare tutte quante le brutture dell' ani

ma,

ad acquistare premio d' infinita salute. Di che il Demonio ben si dolse all' Angelo di Dio con quelle parole che sono nel

V. Canto del Purgatorio:

» ・ ・ ・ ・ o tu dal ciel perchè mi privi?

"

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Tu te ne porti di costui l'eterno

Per una lagrimetta che 'l mi toglie.

Sebbene può maggiormente sull' animo mio un' altra considerazione. Somiglianza fra alcuni simboli in una medesima allegoria è aperto indizio di somiglianza infra le cose per essi rappresentate. Quindi se gli espositori giudicarono il che era mestieri) che Dante per lo Veltro dinotasse Can Grande degli Scaligeri Signore di Verona, come potè loro cadere in animo che per la lonza, per lo leone e per la lupa egli avesse voluto significare tre vizj? E sa Dio quale somiglianza essi rinvennero fra Can Grande della Scala uom vivo e vero, ed alcune astratte e intellettive cose di morale, siccome sono i vizj, e le passioni dell' animo. Una delle quali ( giusta il loro comento) cioè l' avarizia rappresen tata colla lupa porse grandissimo spavento all' animo del Poeta, e più che non fecero ( nè io so perchè ) le altre due simboleggiate colla lonza e col leone. Per la qual cosa egli si volse tutto tremante a Virgilio, dicendo:

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E Virgilio,, novello soccorritore contra 'l vizio dell' avarizia, promisegli di farlo salvo da quella fiera; e per più suo conforto soggiunse, che indi a poco tempo verrebbe il veltro che quella caccerebbe di città in città, e ucciderebbela, e rimetterebbela nell' inferno. Perciò se la lupa s' interpreta lavarizia del Poeta, è

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