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parole di Cacciaguida nel Canto XVII. del Paradiso, per le quali si fa palese come Roma primieramente meditò, e con ogni più efficace modo procacciò l'esilio di lui.

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E tosto verrà fatto a chi ciò pensa

Là dove Cristo tutto dì si merca.

Quindi non è da maravigliarsi se per questo mal talento di lei in verso Dante, e per la qualità dell' indole sua, che il Poeta (sdegnato a' pravi costumi di quel secolo) chiamò si malvagia che pur pascendo il conceputo odio, mai nol saziava :

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E dopo il pasto ha più fame che pria,

e' mostrasse essere stato compreso da sì forte paura al cospetto della lupa, che subito disperasse di pervenire alla dilettosa cima del monte:

Questa mi porse tanto di gravezza,

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Con la paura che uscia di sua vistà,

Ch' io perdei la speranza dell' altezza.

E siccome la speranza aveva allegoricamente espressa col salire per lerta, così la disperazione col ritornare nell' oscura valle sígnificò :

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Che venendomi 'ncontro a poco a poco

Mi ripingeva là dove il sol tace.

cioè, dove non era cosa la quale a sperare mi confortasse .

Se non che agli spiriti gentili e caramente amati dalle Muse riman pure in qualsivoglia iniquità di fortuna o degli uomini alcuno alleyiamento e rifugio nella quiete non invidiata de' soavis

simi studj. E ciò viene espresso coll' apparire di Virgilio, il quale fu mandato a soccorrere Dante da Beatrice, cui mosse a questo pietoso uffizio

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e però, amica a coloro i quali dall' altrui crudeltà sono afflitti. Ma siccome è convenevol cosa che la maniera del soccorso in tutto si confaccia alla qualità, al costume all'arte di colui che n'è domandato, così Beatrice impose a Virgilio che lui sovvenisse colla sua parola ornata e quindi soggiunse:

Venni quaggiù dal mio beato scanno

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Fidandomi nel tuo parlare onesto,

Che onora te e quei che udito l'hanno:

il che è quanto dire: Soccorri l'amico mio con l'eletto e magnifico tuo stile : Io mi confido nella eccellenza dell' arte tua; nella tua maravigliosa poesia, la quale onora te e coloro tutti che bene la meditarono. Al che consuonano le supplichevoli parole, che Dante fece da prima a Virgilio:

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O degli altri poeti onore e lume,

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Vagliami il lungo studio, e il grande amore,

Che m' han fatto cercar lo tuo volume.

Tu se' lo mio maestro, e il mio autore

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Tu se' solo colui da cui io tolsi

Lo bello stile che m' ha fatto onore.

Per la qual cosa io non posso convenire nella sentenza degli Espositori i quali tennero non altro essere la persona di Virgilio nel poema di Dante, fuorchè una immagine della morale filosofia; di che non trovo fatto alcun menomo cenno in tutta la lunghezza

della Divina Commedia. E se a Beatrice, ch' essi fecero immagine della teologia, nel Canto XXX. del Purgatorio vennero dati alcuni simboli, che pajono a quella scienza confacenti, ciò fu, perchè dichiarando ella a Dante nel Paradiso le cose celestiali e divine, esercitò allora in verso di lui l'altissimo ministerio della teologia.

Virgilio risponde al pregare di Dante, che le fiere nol lascierebbero quindi passare più oltre; ma ch' Egli lo trarrebbe di quella valle per altra via, nella quale sarebbegli guida e consiglio. E che altro può ella significare cotesta via, dove Virgilio coll' arte sua debbe scorgere e soccorrere Dante, se non quello in che l'arte e la poesia maravigliosa di Virgilio avrebbegli potuto fare più sicura utilità, e più possente soccorso arrecare, cioè l'arduo e nobilissimo lavoro di un poema. Dove le Divine Opere di Virgilio reggendo la mente sua, e levandola a mirabile altezza d'invenzioni d'immagini di concetti di stile, sarebbero state cagione ch' Egli ne acquistasse così gloriosa fama, che i suoi concittadini, vergognando avere privata di cotanto lume la patria, lui finalmente traessero dell' esilio, e nella tanto desiderata pace lo riponessero? Sicchè almeno per lo più lungo e malagevole cammino, quale si è quello della gloria, venissegli fatto di poter essere colà, dove per la via più breve e spedita, cioè per quella della giustizia, non gli era dato allora di pervenire:

Che del bel monte il corto andar si toglie. Veggasi palesamente ne' primi versi del Canto XXV. del Paradiso com' Egli ciò appunto sperasse dal suo divino poema:

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Al quale ha posto mano e cielo e terra,

Sì che m'ha fatto per più anni macro ;

Vinca la crudeltà che fuor mi serra

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Ritornerò poeta, ed in sul fonte

Del mio Battesmo prenderò 'l cappello. Virgilio soggiugne, la predetta via doyer essere quella dell' Inferno, del Purgatorio, e del Paradiso: con che viene esposto il subbietto del poema. E si avverta che Beatrice non fe cenno di quella a Virgilio; ma Virgilio medesimo a Dante la prescrisse e con questo volle il Poeta dimostrare, che le opere stesse di Virgilio, e particolarmente, come io penso, il Libro VI. dell' Eneide, ove è narrato il viaggio di Enea all' Inferno, fe nascere nella sua mente l' idea grande e sublime di questo poema.

Il quale somministrandogli opportuno e vastissimo campo a discorrere le cose politiche dell' Italia, e a dare opera, come si disse, onde ridurre i divisi animi ad un volere, per ciò ancora gli era cagione a lietamente sperare dell' avvenire. Nulladimeno egli sentì che spesse volte le sue forti parole avrebbero di necessità fruttato infamia ad alcuni potenti uomini, de' quali era pericoloso lo sdegno e sì fatto timore, cred' io, egli yolle accortamente accennare a Virgilio quando gli disse:

„・ ・ ・ ・ se del venire io m' abbandono,

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La dichiarazione di questi versi e segnatamente dell' ultimo (al quale dall' antica interpretazione dell' allegoria era tolta ogni efficacia trovasi ella pure nel Canto XVII. del Paradiso, ove Dante così parla a Cacciaguida :

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Ben veggio, padre mio, sì come sprona

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Lo

tempo verso me per colpo darmi

Tal ch'è più grave a chi più s'abbandona.

Perchè di provedenza è buon ch' io m' armi,

Sì che, se luogo m' è tolto più caro

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E Cacciaguida confortandolo gli risponde:

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O della propria o dell' altrui vergogna,
Pur sentirà la tua parola brusca.

Ma nondimen rimossa ogni menzogna

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Nel primo gusto, vital nutrimento

Lascerà poi quanto sarà digesta:

,, Questo tuo grido farà come il vento

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