Cacciarli i Ciel, per non esser men belli, Che alcuna gloria i rei avrebber d'elli. A lor, che lamentar li fa sì forte? Misericordia e giustizia gli sdegna. Non ragioniam di lor, ma guarda, e passa. Che girando correva tanto ratta, E dietro le venìa sì lunga tratta Di gente, ch' io non averei creduto Che fece per viltate il rifiuto. A Dio spiacenti, ed a' nemici sui. Da mosconi e da vespe, ch' eran ivi. Elle rigavan lor di sangue il volto, Quando noi fermeremo i nostri passi Un vecchio bianco per antico pelo, Io vegno per menarvi all' altra riva E tu che se' costì, anima viva, Partiti da cotesti, che son morti : Ma poich' e' vide, ch' io non mi partiva, Verrai a piaggia, non qui, per passare: Qual costume, cioè, qual legge. E il duca a lui: Caron non ti crucciare : Ciò che si vuole, e più non dimandare. Al nocchier della livida palude, Che intorno agli occhi avea di fiamme ruote. Ma quell' anime, ch' eran lasse e nude, L'umana specie, il luogo, il tempo, e il seme Di lor semenza e di lor nascimenti. Poi si ritrasser tutte quante insieme, Forte piangendo, alla riya malvagia, Che attende ciascun uom, che Dio non teme. Caron dimonio con occhi di bragia Loro accennando, tutte le raccoglie: Batte col remo, qualunque s' adagia. Come d'autunno si levan le foglie, L'una appresso dell' altra, infin che 'l ramo Gittansi di quel lito ad una ad una Ed avanti che sien di là discese, Anche di quà nuova schiera s' aduna. |