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muove Turno contro il campo de' Teucri, che a chiuse porte sol tengonsi sulle difese. Tentato invano ogni varco, mette a fuoco le navi, che repente trasformansi in Dee marine, privilegio che impetrò Cibele da Giove a quante giungesser salve in Italia (4). Si esibiscono Eurialo e Niso a girne nunzj ad Enea. Plausi de' Padri al lor disegno: strage che fanno orrenda furtivi: inaspettato nimico incontro: morte d'Eurialo, e ancor più toccante la volontaria di Niso, perchè figlia dell' amistà e del coraggio. Tutto è aureo e divino, anche i lagni materni. Son varietà di battaglia ben pensate e l'ampia Dauna testuggine che all' assalto vien rotta, e la lignea torre Trojana che mezz' arsa piomba nel vallo, e il primo colpo d' Ascanio contro un derisore che fortunato l'atterra. Due giganteschi fratelli impostati alle porte del Frigio recinto osan d'aprirle. Accorre Turno fra gli altri; entra ignorato, e poi là rinchiuso vi fa crudo scempio. Stretto alfine da tanti, giù salta nel fiume e si salva.

Entra il L. X con un concilio de' numi, in cui Giove duolsi dell' immatura guerra d'Italia, ch'era da riserbarsi a' tempi d'Annibale. Sieguon le arringhe di Venere e di Giunone, l'una contro l'altra rabbiose. Divisi in partiti gli dei, Giove imparziale lascia il grand' esito in man de' fati. Sono intanto i Teucri assai stretti; quand' ecco Enea che a' suoi ritorna co'soccorsi d'Arcadi e Toschi, de'quali si fa il catalogo (5). Compiuto alfine lo sbarco

(4) Fu certo assurda l'inchiesta cui fe' Cibele, che ad onor del luco a lei sacro da cui si trasser que' legni, essi nel nautico loro stato vantasser tempra impassibile, e fosser quindi immortali: ma nè men par giusto il compenso adottato da Giove, che venissero in vece deificati. La metamorfosi almeno è senza esempio.

(5) Strana sia pure la trasfigurazion delle navi, fa qui un bel gioco, col portar le Ninfe indi nate a esultare intorno alla flotta, e assegnarne Cimodocea per monitrice del Duce e augure della vittoria.

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indarno impedito, arde gran pugna. S'avviliscono gli Arcadi e stan per fuggire. Ma li rattiene Pallante e infesta i nemici da grand' Eroe. Per levarlo di campo lo invita Turno a duello, e al primo colpo l'uccide. Intesa Enea questa morte, smania furioso, e anelando a vendetta, atterra gran parte dei maggior duci, e il farebbe pure di Turno, se nol disviasse Giunone, mostrandogli un'ombra che s'atteggia e favella al par d' Enea, e in sua forma il provoca e fugge. Quì sottentra al cimento il fier Mezenzio che opera grandi imprese, ma Enea infine l'affronta, e prima il figlio n'uccide, tanto virtuoso quant'empio il padre, indi lui stesso.

Nel L. XI eretto a Marte un trofeo del vinto Mezenzio, affannoso s'occupa Enea d' inviare al padre con pompa il suo Pallante. Ambascería de' Latini a chieder triegua per por sotterra i lor morti. Enea v'acconsente con tal pietà che ne van commossi i nemici. Giunge il morto figlio ad Evandro. Che affetto paterno! che lutto comune! Tornano illusi i legati spediti dal Lazio a Diomede, la cui risposta da Venulo rapportata fa ad Enea gran decoro. Siegue un congresso, in cui parla Latino a detestazion della guerra; e indi arringan tra loro con reciproci insulti l'ardito Drance e il re Turno: ma va interrotto all' avviso, che la Teucra squadra s'appressa. Descrivesi il bosco, per cui Enea dee passare, e le trame di Turno colà disposte. Forma un episodio la storia di Camilla in bocca di Cintia, che la narra ad Opi sua ninfa, e le fa scegliere una sua freccia per punir colla morte qualunque ne sarà il feritore. Destrezza e valore della Volsca Amazone. Inganni d'Arunte per ben colpirla (6). Spenta costei, fugge il Latino; il Teucro l'insegue. Accorre Turno a difesa della costernata Laurento. Enea sbloccato s'avanza.

(6) Quant'è leggiadro il fatto intermedio di Tarconte, per rimetter lena ne' Teucri, di Venulo tradotto a galoppo di sella in sella! e quanto n'è pittoresca la parità dell'aquila col serpe ghermito!

VIII

INTROD. AGLI ULTIMI SEI LIBRI.

Si chiude il Poema col L. XII in cui Turno va in furia; disfida Enea; resiste agli avvisi sì del Re che di Amata; e corre ad armarsi. Già pronte le vittime, e distribuite a spettacolo le opposte schiere, di quà Latino con Turno, di là Enea con Ascanio, giurano i patti. Ma Giuturna, da Giunone eccitata a procurar presto scampo a Turno il fratello, fa che tutto si turbi. Un colpo di strale, ch' esce da' Rutuli, è il forier del conflitto, che infuria d'ambe le parti; e già Latino sen fugge co' malconci suoi Dei. Colto Enea da saetta in quel tumulto (7) fa che Turno rincorasi e addoppia stragi. Non giovando l'arte a curarlo, ecco a un tratto risana per l'aita di Venere, e torna in lizza. Sol cerca Turno, cui gli distrae la sorella. Stanco infin lo richiama coll' incendio che attenta della città. Amata in tal rischio si tesse un laccio e si strozza. Sbalza Turno di cocchio, e furibondo vola al duello. Se ne tratteggiano più vicende ; e Giove intanto a mezz'aria trova Giunone, che alfin dispon blandamente a ceder Turno al suo fato, e promettendo a sua chiesta, che Ausonj e Teucri non fian che misti di sangue, la rimanda in cielo rasserenata (8). Spedita quindi una Furia delle celesti in foggia di Strige che infesti colle strida e co'voli e Turno e la Suora, fa che ambi s'avvisino in odio a' numi, e si tuffi questa nell'acque, e l'altro palpiti e geli. Pur lancia inutil gran sasso. Scaglia Enea la grand'asta e il mette a terra, e già col brando gli è sopra ; ma pio com'è, poco manca che s' ammollisca a perdono. Quando vistogli indosso il balteo di Pallante, glielo consacra qual vittima e lo trafigge.

(7) Com' è giudiziosa la ferita d'Enea! Fatta da mano ignota lo ritira dal campo con onore : porge a Turno ansa ed agio per armeggiare affretta il ritorno in giostra una guarigion prodigiosa.

(8) Bel ripiego che usa Virgilio perchè non nuoccia al poema il non trovarsi nel Lazio nè vestir, nè rito, nè nome alla Trojana! questa è una grazia, che accorda Giove a Giunone.

PUBLII

VIRGILII MARONIS

SEX POSTERIORES

ÆNEIDOS LIBRI.

DI PUBLIO

VIRGILIO MARONE

GLI ULTIMI SEI LIBRI

DELL' ENEIDE.

ENEIDOS

P. VIRGILII MARONIS

LIBER SEPTIMUS.

Tu quoque littoribus nostris, AEneia nutrix,
AEternam moriens famam, Caieta, dedisti:
Et nunc servat honos sedem tuus; ossaque nomen
Hesperia in magna, si qua est ea gloria, signat.
At pius exsequiis AEneas rite solutis,

Aggere composito tumuli, postquam alta quierunt
AEquora, tendit iter velis, portumque relinquit.
Adspirant aurae in noctem, nec candida cursus
Luna negat; splendet tremulo sub lumine pontus.
Proxima Circaeae raduntur littora terrae,
Dives inaccessos ubi Solis filia lucos
Assiduo resonat cantu, tectisque superbis
Urit odoratam nocturna in lumina cedrum,
Arguto tenues percurrens pectine telas.
Hinc exaudiri gemitus iraeque leonum

10

Vincla recusantum et sera sub nocte rudentum;
Setigerique sues atque in praesepibus ursi
Saevire, ac formae magnorum ululare luporum;
Quos hominum ex facie dea saeva potentibus herbis
Induerat Circe in vultus ac terga ferarum.

20

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