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Versi rigettati, come intrusi.

Dal L. IX fra i v.

28 e 29

Vertitur, arma tenens, et toto vertice supra est. S'aggira in armi, e il capo tutto ha sopra.

Dallo stesso fra i v. 119 e 120

Quot priùs aeratae steterant ad littora prorae.
Quante fur pria rostrate prore al lido.

Dallo stesso fra i v. 148 e 149

Palladii, caesis summae custodibus arcis, (Trucidati i tutor ) dell' énea Palla

Dallo stesso fra i v. 291 e 292

Tum sic effatur:

Dallo stesso fra i v. 524 e 525

Et meministis enim, divae, et memorare potestis. Dee, vel sapete, e il farlo conto è vostro.

Dallo stesso fra i v. 623 e 624

Jam cornu petat, et pedibus qui spargat arenam. Che già co' piè sparga l'arena, e cozzi.

Dal L. X fra i v. 579 e 580

Cui Liger:

Versi chiusi fra i crochets, come assai sospetti.

Nel L. VII i quattro v. 807, 808, 809, 810.

Nel L. XII i due v. 612, 613.

NOTE GIUSTIFICATIVE

SOPRA LA SCELTA DI LEZIONE O DI SENSO

ne' passi oscuri o contrastati.

AL LIBRO VII.

V. 116.

Heus! etiam mensas consumimus! inquit Iulus. Le mense adunque, che rodeano, eran cialde. Questo motto in bocca d'Ascanio fe'intendere al padre, che quello era il luogo a lui predetto da Anchise (v. 124 ... 127) per piantare in Italia la prima città: presagio tratto, cred'io, dalla cifra fatidica di Celeno: Sed non ante datum circumdare mœnibus urbem, Quam te dira fames, etc. Ma come Ea vox audita laborum Prima tulit finem, se da quel tempo appunto nacquer le guerre? Finis laborum qui chiamasi il termine agli affanni e guai de’viaggi (V. N. al v. 159 L. III.).

v. 157.

..ipse (Æneas) humili designat monia fossa, etc. Giunto Enea all'interne rive del Tevere, dà tosto mano alla fabbrica d'una città, la qual per altro ha insieme la forma d'accampamento o fortezza (primasque in littore sedes Castrorum in morem pinnis atque aggere firmat) pe' vaticinj d' orride guerre che fatti avea la Sibilla. Udiamo in conferma il passo di Strabone, qual ce lo ha tradotto il Mattei: Fama est AEneam Laurentum appulisse prope Ostiam, et ad Tiberis ripam ad 24 stadia (tre miglia Romane) supra mare urbem condidisse.

v. 176.

Perpetuis soliti patres considere mensis.
Sedeansi i padri a lunghe mense in lista.

Perpetuis, cioè in longum porrectis. Cosi l'intese auchie Ovidio:

Ante focos olim mensis considere longis Mos erat, et mensis credere adesse deos. L'accumbere fu posteriore.

225... V.

227.

Audiit... et si quem extenta plagarum
Quatuor in medio dirimit plaga solis iniqui.
L'udì... se alcun l'arsa dal sole,

Terza da'poli, estesa Zona inchiude.

Benchè mostri altro aspetto la frase Italiana, in sostanza coincide colla Latina. La Zona terza da' poli è la stessa che la media fra le due fredde e le due temperate, cioè la torrida.

v. 309.

quae memet in omnia verti, che mi cangiai qual Proteo, Chi prende mille sembianze in senso morale, con garbo dicesi che proteizza. Questo metaforico trasformarsi in bocca di Giunone tanto più esprime d'avvilimento, quanto Proteo è dio minore.

v. 320.

Nec face tantùm Cisseïs praegnans ignes enixa jugales; Eh sola un' Ecuba Non fu a figliar mistica face; Benchè Omero faccia Ecuba figlia di Dimante, pur Pacuvio ed Ennio la fan nascere da Cissei. N'è noto il sogno, a cui qui s'allude. v. 323.

terras horrenda petivit. scese tremenda a terra. Di Giunone ch' evoca Aletto mi stava per dire: scese tremenda all'Orco. Ma no. Tenni come più dignitoso il Virgiliano a terra, dalla cui faccia s'indica farne la chiamata fino al regno dell' Ombre.

v. 498.

Nec dextrae erranti deus abfuit; Resse il colpo la dea; Fanno i Greci Os e theos femminino egualmente che thea. Benchè il Latino manchi d'articoli, pur gl'imita usando talora Deus per Dea, che qui segna la Furia, come L. II v. 631 duzente deo segna Venere. A quell' erranti sottintendo un aliter.

v. 505.

Olli (pestis enim tacitis latet aspera silvis) Quei (ch'aspra lue serpe in que'boschi ascosta) Aspra lue senza articolo è indefinita; eppure pestis aspera non è tanto il veleno sparso da Aletto, quanto essa stessa; onde anderebbe forse meglio: Quei (chè la lue chiotta in que' boschi inaspra).

Fra i v. 586 e 587

(Nel primo de'quali contiensi velut pelagi rupes, e nell'altro multis circum latrantibus undis) le ordinarie edizioni portano di giunta : Ut pelagi rupes magno veniente fragore, verso che cosi collocato appar si insulso, che neppur lo noto nella tavola de' versi omessi. v. 597.

omnisque in limine portus;

Questo emistichio non so come sia sfuggito ai crochets. Non dirò che la frase non è Virgiliana, cercherò se sia latina.

v. 729... 731.

Teretes sunt Aclydes illis Tela... Laevas Caetra tegit; Notinsi questi termini provinciali Aclydes, Caetrae, e v. 740 Cateiac, incastrati per lusso nel suo gran poema dal principe de'cantori. Bell' esempio contro certi schizzinosi ad ogni voce men nota.

v. 761.

Virbius; insignem quem mater Aricia misit,
Virbio; già conto Aricia madre il manda,

Insignem, già conto, non pel fatto d'esser rinato, per cui Diana l'ascose; ma per la sua gran bellezza, e forse pel suo gran valore. v. 807 810.

...

[Illa vel intactae segetis... nec tingeret aequore plantas] Sieguo Bodoni ponendo fra' crochets questi quattro versi. Non so credere che un'iperbole si caricata sia di Virgilio. È vero che par cavata da Omero II. XX v. 226 e seg. ; ma quei la dice di 12 cavalluccie figlie di Borea; onde par prodigio, come la lor generazione.

AL LIBRO VIII.

v. 46, 47, 48.

Hic locus urbis erit, requies ea certa laborum:
Ex quo, ter denis urbem redeuntibus annis,
Ascanius clari condet cognominis Albam.
Quì pon città, certa all'errar fia meta:
Ond'altre mura, iti a rotar trent'anni,
Giulo ergerà, d'inclito nome altr'Alba.

Si dirà che qui mi decido per Sav. Mattei. Verissimo. Non parmi che se ne possa a meno, se non s'escluda, come intruso, il v. 46. In fatti lo chiudono fra' crochets il Servio, il Didot, altri non pochi. Ma che il verso anche di qui espulso, sempre sta, essendo il 390 del L. III già cantato da Eleno, verso d'oracolo, verso perciò irrefragabile, sagrosanto. S'aggiunge che ripetuti i tre precedenti: Littoreis ingens inventa sub ilicibus sus, Triginta capitum fetus enixa jacebit, Alba solo recubans, albi circum ubera nati., anch'esso, come in conferma, dovea ripetersi. In oltre se Ascanio dopo sei lustri fabbricò Alba Lunga in memoria dei trenta albi porcelli, Enea trovatore avrà senza indugio presa a costrurre Ja sua in ricordo dell' alba madre. In fine il clari cognominis non può meglio spiegarsi che col fargli indicare due città d'egual nome, due Albe. Così L. III v. 132 di Pergamea: laetam cognomine gentem Hortor amare focos; e VI382 di Palinuro gaudet cognomine terra.

Ma e perchè non mi pronunziai sin dal principio L. I v. 5 dum conderet urbem, Inferretque deos Latio? Me ne disviò l'emistichio Multa quoque et bello passus. Bisognava aver tradotto, non come feci: finchè alzò mura, e i numi Recò nel Lazio; ma bensi: mentre alzò mura e i numi Piantò nel Lazio.

Candida

v. 81.

Ecce autem, subitum atq; oculis mirabile monstrum, per silvam cum fetu concolor albo etc. Desto Enea, presso a poco nel luogo della cominciata nuova città,

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