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XVI

INTROD. AI PRIMI SEI LIBRI.

stinate a regger Alba, altre a nascer Romane. Benchè stia fra gli ultimi Augusto, pur dopo Romolo lo mostra il primo (11).

Gradisci, o Lettore, questa Prima Parte dell' Eneide, e ricordati ch'essa possiede i tre Canti II, IV e VI, che per consenso dei Dotti sono i più belli, che già preferiva ai nove loro fratelli lo stesso Autore, che soli ei lesse ad Augusto, soli lasciò trascrivere e sparger per Roma, soli sopravvivendo al rogo del Poema in morte ordinato, e mostrando a qual segno dovean gli altri abbellirsi, bastavano ad assicurare ugual fama, e forse più grande, a tutto il Carme e al Cantoré.

(11) Questa scesa ben merita venerazione e come figlia e come madre, figlia dell'Inferno d'Omero, madre dell'Inferno di Dante. Omatre pulchra, filia pulchrior! Ulisse, Od.L.XI, scavata ampia fossa, e quà versato gran sangue d'ostie, vi evoca a far bevanda e colloquio l'ombre che brama, e come in ottica rappresentanza i rei ne scorge più insigni. Ma qui in vivo corpo s'entra e si gira. Senonchè Enea, giunto al bivio, s'avvia per gli Elisii, e lascia il Tartaro, de' cui supplizj peraltro gli tesse un epilogo la Sibilla. Dante al contrario tutte scorre le bolge fino alla Caina, commisurando delitti, e fa l'onore a Virgilio d'averlo scelto per guida.

Errori Tipografici e lor Correzioni.

pene a

L. III v. 684 Dal leggi Del; L. IV v. 157 al loro tergo l. e s'atterga; v. 166 a'folgori l. a folgori; v. 249 nevi l. nubi; v. 359 aversa l. avversa; v. 431 non l. men; v. 433 or mi fai 7. otterrai; L. VI v. 149 Si l. Ti; v. 674 rivi 7. rive; v. 789 Giulo 1. Giulió; pag. 350 lin. 3 Illae l. Ille; p. 360 l. 5 chiama 1. chiamo. Errore non corretto nelle Bucol. pag. 23 lin. 6 serugi 1. segugi.

Varianti della versione approvate nelle Note.

Lib. I v. 258 sorger Lavinio e il lustro aliter Troja e Lavinio il cinto; L. III v. 332 a' patrii Mani il svena al, al patrio altar lo svena; v. 684 giova il voltar al. forza è virar; L. V v. 271 egro in un fianco, adduce al. egro in un ordin, tragge; v. 488 Per torto laccio al. Per lineo laccio.

PUBLII

VIRGILII MARONIS

SEX PRIORES

ENEIDOS LIBRI,

DI PUBLIO

VIRGILIO MARONE

I PRIMI SEI LIBRI

DELL'ENEIDE.

ENEIDOS

P. VIRGILII MARONIS

PROLOGUS.

[Ille ego qui quondam gracili modulatus avena
Carmen, et, egressus silvis, vicina coëgi

Ut quamvis avido parerent arva colono,
Gratum opus agricolis: at nunc horrentia Martis]

ARMA

LIBER PRIMUS.

RMA virumque cano, Trojae qui primus ab oris Italiam, fato profugus, Lavinia venit

Littora. Multum ille et terris jactatus et alto,
Vi superúm, saevae memorem Junonis ob iram.
Multa quoque et bello passus, dum conderet urbem,
Inferretque deos Latio: genus unde Latinum,
Albanique patres, atque altae mania Romae.
Musa, mihi caussas memora, quo numine laeso,
Quidve dolens, regina deúm tot volvere casus
Insignem pietate virum, tot adire labores,
Impulerit. Tantaene animis caelestibus irae!

ΙΟ

DELL'ENEIDE

DI P. VIRGILIO MARONE

PROLOGO

[Quell'io, che un dì carme temprai silvestre
Su canna umìl, poi fuor de'boschi, a'voti
D'ansio cultor l'agro vicin sommisi,
Lavoro Ascréo: di bellich'ira or calde]

LIBRO PRIMO.

CANTO l'armi e l'eroe, cui d'Ilio trasse
Profugo e primo al Latin regno il fato.
E in terra e in mar, da infesti dei, dall'ire
Spinto di Giuno, errò molt'anni, e in guerra
Molto ei soffrì, finchè alzò mura, e i numi
Recò nel Lazio: onde i Latin già Teucri,·
E i padri Albani, e l'immortal gran Roma.

Tu m'apri, o Clio, per qual sua doglia od onta, Del ciel la donna in sì rei casi avvolse

Per pietate uom sì conto, e a tai l'astrinse
Travagli. E un tanto in divin cuor dispetto!

20

URBS antiqua fuit, Tyrii tenuere coloni, Carthago, Italiam contra, Tiberinaque longe Ostia, dives opum, studiisque asperrima belli; Quam Juno fertur terris magis omnibus unam Posthabita coluisse Samo: híc illius arma, Hic currus fuit: hoc regnum dea gentibus esse, Si quà fata sinant, jam tum tenditque fovetque. Progeniem sed enim Trojano a sanguine duci Audierat, Tyrias olim quae verteret arces; Hinc populum late regem, belloque superbum, Venturum excidio Libyae: sic volvere Parcas. Id metuens, veterisque memor Saturnia belli Prima quod ad Trojam pro caris gesserat Argis, Necdum etiam caussae irarum saevique dolores Exciderant animo: manet alta mente repostum Judicium Paridis, spretaeque injuria formae, Et genus invisum, et rapti Ganymedis honores. His accensa super, jactatos aequore toto Troas, relliquias Danaúm atque immitis Achillei, 30 Arcebat longe Latio: multosque per annos Errabant acti fatis maria omnia circum. Tantae molis erat Romanam condere gentem! Vix e conspectu Siculae telluris in altum Vela dabant laeti, et spumas salis aere ruebant; Quum Juno, aeternum servans sub pectore vulnus, Haec secum: Mene incepto desistere victam?

Nec

posse Italia Teucrorum avertere regem? Quippe vetor fatis! Pallasne exurere classem

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