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Vergilius MARO, Publius.

L' ENEIDE

DI

P. VIRGILIO MARONE

Recata in altrettanti Versi Italiani

DA GIUSEPPE SOLARI D. S. P.

Nell'A.I. di Genova P. P. di Lingua Greca, e Letteratura Greca e Latína,
Membro della Legion d'Onore;

MUNITA DALL'AUTORE DI NOTE GIUSTIFICANTI

IL SENSO E LA LEZIONE.

ΤΟΜΟ Ι.

GENOVA

DALLA STAMPERIA DI G. GIOSSI

Piazza delle Vigne, N.° 422.

1810.

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La presente Edizione è posta sotto la salvaguardia della Legge, essendosi adempito a quanto viene in essa prescritto.

1J5.26-50

7812-44

2 V.

PREFAZIONE

SOPRA L'ENEIDE, E SOPRA IL METODO
DI TRADURLA E DARNE IL TESTO.

GLORIOSAMENTE uscito dalle Georgiche l'impareggiabil VIRGILIO, e dall' augurato preludio degli Episodj avvisatosi a certa prova d'aver egli bocca a gran tromba, os Magna sonaturum, animoso s'accinse all' Epopeia, e presi a esame più temi, di niun de' quali andò pago, si fermò alfin nel suo Enea (1), trovatolo acconcio per ogni parte al grandioso sistema de' suoi disegni. Gli offeriva questi un Eroe, che come figlio di

.

(1) ENEA fu il primo nome dall'Autore dato al Poema. Così lo chiama in una lettera a C. Augusto, di cui ce n'è rimasto un frammento: De AEnea quidem meo, siquid mehercules jam dignum auribus haberem tuis, libenter mitterem. Sed tantum inchoata res est; ut paene vitio mentis tantum opus ingressus mihi videar: quum praesertim, ut scis, alia quoque studia ad id opus multoque potiora impertiar. Qui a dir vero par pentito del tema, ma sole appunto perchè di fila troppo moltiplici, troppo grande.

Venere, interessando gli Dei Consenti, gli apriva tosto un gran campo alla più scelta Mitologia; come Duce Trojano nell' ultima decenne guerra, in man poneagli più anella di segnalata attinenza coll' Omerica Iliade; come sbattuto per mari e terre oltre sett'anni, gli si prestava a ricevere tinte analoghe per emulare i tratti più energici dell' Odissea ; come giunto nel Lazio per conquistarlo e qui fondare il suo regno, l'obbligava al critico incarco d'illustrare antiche Statistiche di Dauni, Etruschi, Latini, e altre Ausonie Nazioni, di ciascuna additandone con rapida precisione i costumi, i genj, le forze; come oggetto de' fati da Oracoli prenunziato, gli dava il discendere sino a Roma, e per lunga serie, quasi futura, di Romani eccelsi Campioni, sino al dominante Massimo Augusto; infin, come insigne in carattere di pietà, gli si presentava in tuono autorevole qual maestro e qual auspice di religione, la stabil base a formarne del nuovo impero. Sì ben trascelto il soggetto, lavorò indefesso al Poema ben undici anni, cioè sino a tutto

V

il 52.do di sua età, e lo portò a quel grado di Bello, universalmente acclamato per aureo, incomparabil, divino, in cui l'abbiamo (2).

Convengo anch'io, che ogni Ornato in ogni sua parte non fu per anche ben ripulito. Mi fa stupore però, che a questo gioco di lima ei destinasse interi tre anni, che perciò s'adagiasse in tutta pace fra l'erudite mura d'Atene, e che astretto a partirne, da languor sì morboso che fu mortale, dati ne volesse i chiusi fogli alle fiamme. Non vi volea di meno, in un' Opera sì accreditata, dell'occhio incontentabile di un VIRGILIO per avvisarvi sì fitte le inesattezze, nè della infaticabil sua mano

(2) Vittorio Alfieri, traduttore anch'esso dell'Eneide (non però in versi così concisi, come sono i suoi tragici ) cosi riprende il nostro Cantore nel L. del Princ. e delle Lettere: In un Poema, che ha per titolo Roma, quale, senza però darglielo, ha preteso di fare Virgilio, egli vi poteva e doveva inserire, per la parte robusta pensante e giovevole, una grandezza, verità, libertà e forza, che invano vi si cercano. Eh! non avea Virgilio un cuor tragico come Alfieri. Conoscea Roma purtroppo qual era a'suoi tempi, e il governo che meglio le conveniva. Era Filosofo, ma d'una sobria Filosofia, che non gli turbasse i due stati, di buon Poeta e di buon Cittadino. Alfieri stesso è costretto a confessare che noi dobbiamo pur essere molto tenuti ad Augusto di un tanto Poema, in cui ciò che manca non si suol mettere in contrappeso dai più conquel che vi abbonda.

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