IN MORTE DELLAA CONTESSA FRANCESCA SAULI DI FORLÌ 1816 Ahi pregar vano! ahi desiar fallace! Quest' Angioletta s'è da noi partita! Il lamentar di chi rimase in terra, a brunch A questa dura guerra Ch'or ne dan morte e'l ciel, che a te dan pace, Volgi gli occhi tuoi casti; Vedi quanta lasciasti in Bengh Qui soave di te speme ed amore; Vedi quanto dolore Subitamente il dolce loco ha pieno, Mira d'intorno al doloroso letto, Membra giacciono ahimè! squallide immote, Tua debil man la sua tenne morendo; L'angoscia il padre antico, e il giovinetto Agli occhi spenti, al vollo I figlioletti tuoi dolci soavi, Che tu amorosa nel passar chiamavi. Andran cercando, e richiedendo altrui! In cui verace carità s'impara? Memoria solo, e cener sparta in poco O fral nostra speranza, O breve gioja in lacrime conversa !-- Chè s'alma eletta a te dal ciel s'abbassa, Di bellezza, di senno e di bontate. זי Godea con destre piume Passar sovra 'l tuo limo intatta e pura: Da' primi passi intesa a degna meta, Guidava i cari figli Per dritte vie da te mal conosciute : Tenea dall'Arti un abito gentile, Lei facendo onorata e te men vile. Oh qual era a vederla in tele o in carte Pennelleggiar divine Forme, e imprimer sua pura anima in quelle ! A farsi allor visibilmente belle Immagin' peregrine Ridendo le si offrivano al pensiere: Starsi compagne di si nobil arte Tal che piegato avria Ogni aspro cor dal natural talento! Creature celesti in mortal velo Presto a la terra ridomanda il cielo. La bella peregrina riconduce: E nell'eterno riso Premer col bianco piè tempo e fortuna: Recan serti ciascuna Le cittadine del beato albergo; Odo ogni coro eletto Chi ne ridona le bellezze tue! Maravigliando di cotanto onore; Ov'ella disse a' dolci amici addio: Se a le fortune umane, Per carità di tua diletta gente, E mirando quaggiù gli affanni e l'ire Anzi questa onde uscisti Infinita miseria, ti compiaci Che si lievi e fugaci Furon le pene del tuo viver corto, Danne coll' Ombra tua qualche conforto. O trista Canzon mia, che piangi e canti Lei che a più degna parte Quinci drizzò cupidamente il volo, Per riverenza del materno duolo. |