Due pargolette, attonite Al suon di pianti umani, Là genuflesse giungono Le tenerelle mani. Ieri, o purissim' angioli, Ieri dal ciel scendeste: Eccovi nella veste Più scura del dolor!
Oh come al sen le stringono Due, che, piangendo: a noi La dolce figlia, esclamano, Rinnovellate voi;
Voi de la madre immagini, Voi sue delizie estreme, Speme di nostra speme, Dell' amor nostro amor.
Vieni, o Pietà; rammemora
Ad ogni afflitto core,
Che nome caro agli uomini,
Caro a virtù, non more:
Non muor chi tutto serbasi Nella fatal partita
Il meglio della vita, E spoglia il carco e il duol.
Chi fia Colei, che in candida E venerabil gonna
Fa della trista lapide
Al fianco suo colonna ? Ella d'un riso adornasi Consolator, celeste; Ella di rai si veste. Ella s'innalza a vol.
Miratela, miratela, O sconsolate genti: Il corso lor sospendono, Mentr'ella passa, i venti: Valica rapidissima
Del sol l'eccelsa meta: Cingesi il gran pianeta Di riverente vel.
Ella già volve i cardini Delle stellanti porte: Ecco di luce un pelago, Ecco l'empirea corte; Vedete là quell' anima Che qui si piange e brama: Lei benedetta chiama, Lei fortunata il ciel.
DAL CAV. CINCINNATO BARUZZI
Donna, od arcana Immagine, Qual che tu fossi allora Quando ascendevi il Libano Pari a sorgente aurora; Quando l'onor cedevano A la tua fronte bruna E di beltà la Luna, E di purezza il Sol;
Quando di mel stillavano Tue labbra porporine,
E mirra e nardo e cinnamo Spandea lucente il crine; Quando nel gaudio estatico Dei tuoi pensier soavi Col tuo diletto erravi Per lo deserto suol;
Figlia gentil di Solima, Deh qual favor celeste, Deh qual virtù le vergini Bellezze ti riveste? In te l'ardor medesimo Visibilmente asconde, In te la stessa infonde Soavitade Amor.
Oh date fiori, oh fatemi * Letto di poma al fianco, Ch'io per dolcezza insolita Sentomi venir manco : Con la sinistra il debile Mio capo egli ricinga, E caramente stringa Me con la destra al cor.
Dici; e il vagante spirito Là per lo Engaddi aprico, Sul colle ermo de' balsami Cerca il diletto amico: L'amico tuo, frai giovani Qual nella selva il melo, O quel che d' arduo stelo Cedro superbo è più.
*Lo scultore rappresentò la Sunamitide dicente: Ful
cite me floribus, stipate me malis, quia amore langueo Cant, de' Cant. C. II.
Ma nel languir dolcissimo Di tue sembianze care Qual puro ed ineffabile Senso di ciel traspare?... Non fu terren quell'unico De' tuoi sospiri obbietto, No, quel che t'arse il petto Foco mortal non fu.
Leva il pensier dei mistici Tuoi velamenti il lembo. Tu raccogliesti al nascere L'uman legnaggio in grembo ; Te del giardin fe' profuga Gran messaggier di sdegno; Te nel natante legno Serbò dall' acque il ciel.
Captiva a' Babilonici
Fiumi sedesti accanto, Muta appendendo al salice L'arpa conversa in pianto; Te del Giordan rividero Lieta le sante sponde, E il tuo purgasti all'onde Contaminato vel.
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