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Crucifixi historiâ ipsi evenisse non injuria suspicor. The Bollandist then proceeds to declare his own stout belief in the miracle as belonging to St. Gualberto. Ut ut est, ego Crucifixi sese inclinantis miraculum S. Joanni Gualberto accidisse historicá fide credo, atque istud in dubium revocare, summæ pervicaciæ, ne dicam dementiæ, esse existimo. Quid enim historicè tandem certum erit, si omnibus historicis, atque etiam vetustissimis synchronis aut subæqualibus factum aliquod narrantibus, de eo dubitare liceat? Intolerabilis sane est hæc mentis pertinacia, quam quidam nostri temporis Aristarchi, ac præsertim heterodoxi, prudentiam aut constantiam vocare non erubescunt.

Non ignoro scriptores aliquos in vitium contrarium incurrisse,et in exornando hoc miraculo nimios fuisse; inter quos jure merito numerari potest Ludovicus Zacconius, qui sine ullo veterum testimonio, colloquium inter Crucifixum et S. Joannem Gualbertum ex suo, ut opinor, cerebro finxit. Hæc tamen additamenta miraculi veritatem non negant, sed potius confirmant, quamvis per hyperbolen maxime reprehendendam.—Acta SS. fol. 3. p. 314.

Ivi adora di Christo il morto e macro
Sembiante (che rassembra il ver) depinto,
Il ver figura in croce eterno e sacro
Re del mondo di sangue infuso e tinto;
Ma sovra gli altri con dolente ed acro
Volto, e con suon mosso dal petto, e spinto;
A tanta Imago allhor' pien d'alto zelo
L'Eroe s' inchina, e porge i preghi al cielo.

Signor sò ben, che me dall' empio Egitto
(Dicèa) salvasti, e dall' horror d' inferno;
C'hoggi in tutto quel mal c'havèa prescritto,
E quel pensier di vendicarmi interno
Sol tua merce fu spento; hor fia ben dritto
Ch'io commetta'l mio spirto al tuo governo,
Ch'io di te segua l'opre, i detti, e l'orme,
Che sia 'l mio cor al tuo desir conforme.

In cotal modo humilemente à Dio
Sacrò Giovanni li suoi preghi ardenti ;
Poi surto in piedi in atto adorno e pio,
Porgendo gli occhi à quella Imago intenti,
Con fronte lieta, e puro e bel desio
Move la lingua in questi nuovi accenti,
Stende la destra al cielo, e al già prigione
L'altra man sù la testa allarga, e pone.

O mio pietoso Dio qual già gradisti
Abel co' sacrificii suoi perfetti,
D'Abrahan Patriarca i voti udisti
E di sua fede i rari ardenti affetti,
Et à mill' altri i bei tesori apristi
Della tua grazia dagli empirei tetti,
Tal quasi un olocausto quel perdono

Ch'io diedi à questo, accetta, e prendi in dono.

Et à me stringi 'l cor con mille nodi,
Sù la Croce il ritien, teco il congiungi,
Ivi 'l trafiggi cò tuoi santi chiodi,
Col sangue il lava, e con le spine il pungi;
Ne quindi l'alma unqua si torca, e snodi,
Ivi l'abbraccia, la conforta, et ungi,

E con la mirra et aloe del pianto

Fa che purghi 'l suo vil corporeo manto.

Questo voto novello, e questa offerta,

Quantunque è nulla al tuo gran merto, hor prendi
Un raggio di tua grazia in me converta
Il ghiaccio in foco, hor al mio prego intendi;
La via ch'al ciel conduce è stretta ed erta,
Da noi l'opre, la fede e'l pianto attendi ;
Dunque ricevi i miei sospiri e 'l duolo,
S'a me, per esser tuo, me stesso involo.

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Non pria formò l'humil preghiera honesta
Il giovin degno, e'l suo sermon finìo,
Che in un momento la depinta testa
Mosse quel che rassembra il morto Dio,
E la inchinò ver lui; vide ognun questa
Gran meraviglia, che del Cielo usciò,
Quasi dicesse, al tuo desir consento,
Com' in te l'odio, in me 'l furor sia spento.

Io si 'l tue dono, e'l tuo dolor gradisco,
C'hor d'ogni affanno, e di timor te spoglio,
E qual ogni alma humil prendo e nudrisco
Di sacro cibo, e à degne imprese invoglio;
Tal al tuo cor leggiadra rete ordisco
In cui preso tenerlo meco io voglio,
Lui d'ogni nebbia e d'ogni error disgombro,
Lui di mia grazia dolcemente ingombro.

In tal maniera parèa dir col segno
Del capo, e ne devenne ognun stupito,
Si dal Fattor del glorioso regno
Fu del suo servo l'humil prego udito,
Ei sol mosse dal ciel quel volto degno,
Ei sol 'il cui poter sommo infinito,
Quest' ampio globo di ricchezze adorno
Move ad ognor con dolci tempre intorno.

Pur hoggi il simulacro santo e puro
Visto è dal mondo nel medesmo tempio.
Il memorabil dì che tristo e scuro
Si fece il Sol per l'aspro caso et empio
Dal suo Fattor; animo alpestre e duro
Non è, ch' ivi nol mova un tanto esempio
Di nostra fede, e non sospirò, e gema,
Si lega i cor la meraviglia estrema.

Vide, come pur vuol l'antica istoria
In cotal giorno la città del Fiore
Quel nobil segno, e del Signor la gloria
In quella Imago, e 'l sempiterno amore,
Si che viva ne serba ancor memoria,
Le porge voti, à Dio sacrando il core;
Però ch'è scala quel depinto aspetto
Onde l'huom poggi al vero eterno oggetto.

Avanzò tanto il natural confine
Del sacro capo in ogni parte il moto,
Si fur sopra natura alte e divine
Quelle maniere, e l'atto aperto e noto,
Che tante genti ch' ivi humili, e chine
Il vider, s' arrestrar col guardo immoto;
Che l'estremo stupor fa l' huom conforme
A un sasso, o mezzo tra chi vegghia, e dorme.

Ma quei, per cui se fe'l divin mistero,
Poi che spense dell' ira il foco avverso,
Si di se dona al suo Signor l'impero,
Si al gran miracol dentro ha il cor converso,
Ch' ad altro non rivolge unqua il pensiero,
In questo sol tien l' intelletto immerso
Senza parlar s'affisa in terna, è a pena
L'interno ardor per brave spazio affrena.

NICOLO LORENZINI, part

pp. 25-32.

THE MARCH TO MOSCOW.

1.

THE Emperor Nap he would set off
On a summer excursion to Moscow;
The fields were green, and the sky was blue,
Morbleu! Parbleu !

What a pleasant excursion to Moscow !

2.

Four hundred thousand men and more
Must go with him to Moscow:
There were Marshals by the dozen,
And Dukes by the score;

Princes a few, and Kings one or two; While the fields are so green, and the sky so blue, Morbleu! Parbleu !

What a pleasant excursion to Moscow !

3.

There was Junot and Augereau,
Heigh-ho for Moscow !
Dombrowsky and Poniatowsky,
Marshal Ney, lack-a-day!

General Rapp and the Emperor Nap;

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