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e per non lasciarsi sviare dalla fantasia le rimuterà solo di tanto che la profezia pronunziata nel 1300, e poco dopo verificatasi, torni alle sue schiette forme di storia, ritroverà — « La compagnia degli altri esuli fu la prima e durissima delle mie calamità. Non si tosto rimasero con me senza patria, tentarono di ritornarvi per forza d'armi senza giusti provvedimenti. S' avventavano contro a' miei consigli, e m' accusavano dell' inutilità de' loro tentativi. Ma l'esito d'ogni loro impresa manifestò la loro stoltezza. Essi, e non io, furono sconfitti da' tristi guelfi di Firenze; ed io dividendomi anche da' ghibellini stolidi di quella terra, e non parteggiando che per me solo, n' ebbi onore e salute. Il mio primo rifugio fu la casa dello Scaligero, ch' era vicario dell' Impero in Verona '». - Dall' ordine de' versi,

Sì che a te fia bello

D' averti fatta parte per te stesso.

Il primo tuo rifugio, e il primo ostello
Sarà la cortesia del Gran Lombardo,

diresti ch' ei si riparava in Lombardia dalla doppia persecuzione delle due sette, quando infatti or l' una or

E quel, che più ti graverà le spalle,
Sarà la compagnia malvagia e scempia,
Con la quel tu cadrai în questa valle :
Che tutta ingrata, tutta matta ed impia

Si farà contra te: ma poco appresso
Ella, non tu, n' avrà rossa la tempia.
Di sua bestialitate il suo processo

Farà la pruova; sì ch'a te fia bello

Averti fatta parte per te stesso. » - Parad. XVII. 61-70.
DANTE. 1.

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l'altra tenevano la campagna intorno a Firenze; nè v'era città di Toscana che non guerreggiasse '. Nè tra' Fioren tini prossimi alla età del poeta, la tradizione era molto diversa: anzi il Boccaccio credeva ch' egli fosse ricorso ad Alberto della Scala '; il quale pur nondimeno, era morto più mesi innanzi l'esilio di Dante. Di questo sbaglio d' anno, o di nome, non meriterebbe far capitale se non aggiungesse verità alla osservazione - Che nè pure i primi e di tempo e d' ingegno e di studio che scrissero intorno al poeta, attesero alle sue testimonianze; da che egli nella commedia non manifesta riconoscenza verso d' Alberto; nè buona speranza della sua salute nell' altro mondo 3.

4

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LXXXII. Ad Alberto fu successore Bartolommeo suo primogenito; ed è l'ospite nominato nel commento attribuito a Pietro figliuolo di Dante e l' Anonimo afferma Che quel signore « praticava continuo il libro de' Benefici di Seneca 5 » e rafferma la lode nella commedia che la sua liberalità era più presta delle altrui richieste " e nelle croniche

:

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geva Verona in molta grazia di quel popolo

« ch' ei reg

». Poscia il

Pelli facendo quasi rete della cronologia nella quale egli

L' Anonimo, e le Cronache Fiorentine a' luoghi citati.

d'Italia,1302 - 1304.

2 Vita di D. pag. 26. Parma.

3 Purg. XVIII. 121-126. e qui appresso, sez. LXXXVI

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4 Ediz. Fior. al luogo citato del Paradiso.

5 Ivi, nella stessa Ediz.

6 Parad. XVII. 73-75.

7 Presso il MURATORI, Annali-1301.

s' intrica per troppi aneddoti e computi, ha ravviluppato i dottissimi fra gli scrittori; e predominò il suo parere che le parole primo rifugio, e primo ostello s'arrendono a mille interpretazioni; e che Dante non andò altrimenti in Verona se non dopo il 1308 '. Venne poi chi s' accorse di non so quale diploma di data posteriore che assegna agli Scaligeri il grado di vicarj Imperiali, e d'un sigillo senza « il santo uccello sopra la scala; ed era l' aquila che i vicarj Imperiali portavano su lo stemma. Quindi una lunga catena di ragionamenti intorno al diploma e al sigillo ed al titolo s' argomentarono a costringerci nell' opinione, che l' insegna non fu conceduta, se non a Cane della Scala e ch' egli primo e solo e non prima del 1312 ebbe il merito d' essere ospite magnifico a Dante. Le autorità e le ragioni opposte dal Lombardi, il quale ragiona quasi sempre vigorosissimo, ma non cita felicemente, sono troppe al bisogno della verità. Nè la verità sostenuta con argomenti dispersi, e quasi appiattati qua e là nelle chiose, può reggere a paradossi sostenuti con lungo discorso di fatti non veri e ragioni a farli probabili, nelle dissertazioni di pieno proposito e nelle gravi opere storiche. Oggi alcuni uomini dotti avvedendosi delle fallacie s' affrettano di provare assai troppo e temendo di ristorare il diritto dell' aquila a tutta la casa degli Scaligeri, l'assegnano a Bartolommeo solo 3 - Ma richia

Mem. per la Vita di Dante, pag. 99 seg.

* DIONISI, Serie d' Aneddoti. Num. 11.

3 Scilicet Dom. Bartolomæi de Scala, tunc domini Verona,

mandosi alle parole di un postillatore latino, prolungano la controversia e la rannodano nelle questioni, che ciascuno potrebbe proporre, e niuno, temo, scioglierle tutte Quel postillatore, chi fu? quando visse? chi afferma altrettanto? Se non che gli uomini dotti non videro che quel solus PORTAT de illa domo aquilam, non è che parafrasi del testo

Che su la scala PORTA

come il postillatore intendevalo; e non può stare in via di fatto narrato come attuale da lui che viveva cento o più anni dopo, e quando già da più tempo non v' era Scaligero che signoreggiasse in Verona '. Non pertanto il Lombardi ch' essi avevano sott' occhio, ammonivali, che al poeta non piacque di scrivere PORTERÀ. Ma niun avvertimento particolare riesce efficace, se non assistito dalla precauzione generale e perpetua Che quantun

que Dante alluda ne' versi a mille accidenti e individui e minime circostanze, senza nè un unica volta violare la religione della storia nella esattezza de' tempi, stiamo a gran rischio nientedimeno or sempre, or sovente, or una volta, or un altra, di leggerlo meno da storico che da poeta. E però ogni documento e ragionamento a scoprire chi fra tanti Scaligeri avesse il privilegio di quell'

qui Capitaneus Bartolomæus dicebatur, qui solus de illa domo portat in scuto aquilam super scalam. Postill. al Codice Cassinense; e le Annotazioni del P. di Costanzo a quel luogo e le giunte degli Edit. Pad. al Lombardi, vol. III. pag. 441. seg.

I MURATORI, Annali, an. 1387.

insegna, e quando e come e perchè la ottenessero, cede alla testimonianza di Dante, che nel 1300 l' aquila imperiale stava sul loro stemma. Adunque Bartolommeo della Scala, o per molti mesi, o pochissimi, fra il gennajo del 1302 e il marzo del 1304, fu il Gran Lombardo accoglitore di Dante. Del resto ad ogni nuovo imperadore importava di vendere quel privilegio; però non era ereditario nè a vita.

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LXXXIII. A Bartolommeo della Scala, morto in quel mese di marzo, successe Alboino suo fratello secondogenito. Quanto Dante continuasse a stargli vicino, sel tacque: bensì lascia pensare che non si guardassero con occhio d' amici '. Certo a mezzo l' anno 1306, fu testimonio di non so quale contratto in Padova, e dalle parole del documento parrebbe ch' ci v' avesse dimora stabile. I gentiluomini di casa Papafava, da' quali a quanto intendo, quel documento è serbato, si meriteranno ringraziamenti se mai lascieranno incidere in rame la soscrizione di Dante tanto che s' abbia un saggio, di pochissime sillabe non foss' altro, de' suoi caratteri. Frattanto l' usato predominio della Chiesa su le repubbliche, provocato più sempre da' loro dissidj e giustificato dalla concordia che i sacerdoti professavano di ristorare fra i popoli, aveva condotto in Toscana un

Vedi appresso, sez. LXXXVI.

Millessimo trecentesimo sexto Ind. iv. die vigesimo septimno mensis Augusti Padue in contrata Sancti Martini in domo Domine Amate Domini Papafave; presentibus Dantino quondam Alligerii de

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