eglino non si fidarono ad intervenirvi (1). Ciò nonostante entrò il Marchese in qualche trattato, e riebbe la sua Terra, ma dovette poi l'anno appresso rimetterla con tutte le altre sue castella nelle 1239 mani dell'Imperatore. Imperciocchè, ito a Padova con salvocondotto, e avuti segreti colloqui col Monarca (2), poichè si vide manchevole di speranze dalla parte de' Padovani, Veronesi, e Mantovani amici, si trovò nella necessità di acconsentire che in tutti i suoi stati fossero posti presidii imperiali. Quello però che gli fu più acerbo e che non potè evitare, fu la consegna del proprio figliuolo Rinaldo a titolo di ostaggio, all' Imperatore medesimo. Erasi già solennizzato nell'A. 1235 il matrimonio di quel giovanetto con Adelasia figliuola di Alberico da Romano giusta il concertato di F. Giovanni nel famoso congresso di Verona. Federico il volle per freno del genitore, e volle anco la sposa, e l'uno e l'altra poi unitamente a molti nobili Padovani, parte convinti, parte sospetti di sedizione e fellonia, mandò nella Puglia, ove i più di disagio in breve morirono (3). Altri ancora d'altre città, e parti (1) Matteo Griffoni Memor. istor. Bonon. F. Bart. dalla Pugliola Hist. miscell. nel T. 18. ivi. (2) Federico si ricordava dell' assistenza, che gli aveva prestata Azzolino, padre d'Azzo Novello, in tempo di sua gioventù; non voleva credere all' inimicizia del figlio e perciò lo volle a secreti colloqui per trarlo dalla sua. Ma dimenticava, che Azzolino s'era fatto difensor suo, non per attaccamento alla parte imperiale, ma per devozione al pontefice Innocenzo III., che allora era tutore e protettore di quel giovine principe, il quale poscia doveva mostrarsi così grande avversario alla chiesa. C. L. (3) Il Muratori (Antichità Estensi p. 2. c. 1.) ci racconta il motivo, per cui Federico mandò in Puglia il figlio del Marchese. Non fu per punirlo di colpe, che non aveva. Fu perchè il padre si scostò da lui, e fuggì dal campo imperiale, presso Verona. E se ne fuggì per evitare d'essere sacrificato alle ire d'Ecelino. Il quale pare che avesse ordito tale trama contro il Marchese, che l'imperatore l'avrebbe messo a morte, se un famigliare non l'avvertiva, con un segno di mano postasi al collo del pericolo, che correva nel capo. Perciò fuggì; nè volle tornare al campo, ad onta delle sollecitazioni, che l'imperatore gliene fece fare dal suo favorito ministro Pier delle Vigne. Il Frizzi racconta questo fatto nel capo seguente; ma non convien per questo ritenerlo posteriore. C. L. colarmente di Verona (1), furono in poche settimane in una o in altra città rilegati. Un sì aspro procedere di Federigo fu attribuito ai consigli di Ecelino il quale tutte sapeva l'arti più fine di chi affetta la tirannide. CAP. X. DISTRUZIONE DI SALINGUERRA II. E NUOVO STATO DI LIRERTÀ IN FERRARA. Coll'appoggio di Ecelino era giunto l'Imperatore a soggiogar facilmente la Marca Trivigiana, e a metter la briglia al March. Azzo Novello sempre vacillante nel suo vassallaggio, e sempre inclinato a' Guelfi ed alla Chiesa. Ma sì prospera fortuna cangiò presto d'aspetto. I mezzi stessi cotanto violenti che praticò per conseguirla, l' inumana condotta di Ecelino che gli era ministro e duce, e la scomunica fulminatagli contro colle formalità più solenni da P. Gregorio IX. nell' A. 1239 colla giunta di una pubblicazion di crociata in suo danno, scemarono grandemente ne' popoli la venerazione alla sua dignità, e il timore delle sue armi. Fra i motivi della scomunica sta espresso ancora quello di aver alienata Ferrara dalla Chiesa (2). Prove ulteriori ci restano di quest' alienazione primieramente in cert' ordine spedito in quest' anno al Sindaco di Ferrara da Maestro Riccardo Giudice del Co. Gualtiero Vicario dell' Imperadore in Romagna (3). In secondo luogo si vede una convenzione stipulatasi li 8 di Maggio nella Chiesa di s. Stefano di Massa p. rog. di Tederico Not. di Ferrara detto Rigazzo (4) (1) Biancolini Chiese di Ver. 1. 2. 641. (2) Rainald. A. 1239. (3) Murat. Piena Esposiz. dei diritti imp. sop. Comacchio cap. 23. p. 182. (4) Murat. Ant. med. aevi diss. 49. tra i Mantovani e i Ferraresi per i quali interviene certo Quarto Giudice, Assessore, Vicario, e Sindaco Dom. Henrici Testae, mandato Imperiali Potestatis Ferrariae, unitamente agli Ambasciatori di questa città che furono Villano degli Aldigieri, Lamberto di Leodoino, e Giacomino dell' Oliva. Il soggetto fu la restituzione del toltosi vicendevolmente dalle parti in addietro col risarcimento dei danni, l'ordine giudiziario onde procedersi dall' una verso dell'altra, e la scorta delle guardie che si dovevano accordare dai Ferraresi ai mercanti mantovani cominciandosi ai confini di Melara in giù, e dai Mantovani ai mercanti ferraresi cominciandosi ai confini di Governolo oppure di Seravalle e Revere allo insù. Contro di Federico i primi a scuotersi furono Alberico fratello di Ecelino, e il March. Estense genitori de' due sposi infelici ritenuti in Puglia. Alberico nel mese di Maggio del 1239 gli si ribellò e gli tolse Trivigi. Azzo Novello nel Giugno, accompagnando lo stesso Imperatore che si portava coll' armata contro i Lombardi, giunto, dice Rolandino, al Castello di Sanbonifazio e avvertito da un cortigiano suo benevolo co' cenni che si trattava di levargli 'I capo dal busto, entrò in esso castello col Co. Rizzardo e gli altri suoi amici, vi si chiuse ed afforzò e non cedette agl' inviti e promesse che gli si facevano a proseguire il cammino. Al pericolo della vita dovevasi però unire anche la ripugnanza sua a portarsi contro de' Guelfi. Irritato perciò il Monarca fece porre in ceppi quanti altri amici d'entrambi erano rimasti nel campo, indi in Verona con sentenza segnata li 13 di Giugno (1), dichiarò gli uni e gli altri ribelli, condannolli al bando imperiale, e procedette ad altre pene e censure contro Alberico ed altri absenti, e contro i figliuoli stessi de' rei. Niente atterrito per questo Alberico, si pose pubblicamente sotto la protezione della Chiesa, e si dichiarò fautore de' Milanesi e della lega de' Guelfi. Azzo Novello pure nell'Agosto, allor che vide l'Imperatore passato in Lombardia, con quella poca truppa che potè unire ricuperò Este e gli altri suoi castelli, ad onta di Ecelino accorso in persona per conservarli. All'odio del Pontefice verso Federigo, quello si univa de' Ve (1) Biancolini Vesc. ecc. di Ver. diss. 2. Verci Stor. degli Ecelini T. 3. docum. 152. neziani. In una battaglia ch' ei diede ai Milanesi nel 1237 essen. dogli fra i prigionieri capitato il Podestà di Milano Pietro figliuolo di Giacomo Tiepolo Doge di Venezia, lo spedì in Puglia con altri nobili, ed ivi lo fece barbaramente morire appeso. Inoltre aveva fatti togliere parecchi legni mercantili veneti nell' Adriatico, ed era entrato ostilmente con Ecelino ne' confini della Repubblica a s. Illario, e alla torre della Bebbe. Per tai motivi i Veneziani nel Luglio di quest' anno porsero soccorsi a Paolo Traversario nel ritoglier che fece a Federico la città di Ravenna. Entrarono a favorir questa impresa anche i Bolognesi. Federigo per vendicarsene, coll'esercito e con Enzo suo figliuolo naturale fatto Re di Sardegna, venne e distrusse i castelli bolognesi di Piumazzo e Crevalcore. Ma essendosi egli dopo rivolto a Milano, i Bolognesi corsero a' danni de' Modenesi ch' erano Gibellini, e presi vari loro castelli, giunsero a Vignola. Colà fur pronti ad arrestare il loro corso i Modenesi, i Ferraresi, e i Parmigiani. Si commise ai 4 di Ottobre una battaglia sanguinosissima e furono sconfitti i Bolognesi (1). Salinguerra, senza dubbio, fu quello che guidò, oppure spedì i Ferraresi a quella impresa, ma questa terminata, molto egli ebbe a provvedere a se stesso. Il Pont. Gregorio IX. per ragion di Ferrara sottratta alla Chiesa e munita a nome dell' Imperatore; la veneta Repubblica per vendicarsi di Federico anche indirettamente in Salinguerra suo partitante, e per le continue controversie, co' Ferraresi a cagione di commercio e di navigazione per il Po; i Bolognesi per la memoria della giornata di Vignola; e il March. Azzo Novello per l'avvilimento a cui era ridotto il suo partito in Ferrara, tutti sdegnati contro Salinguerra si unirono finalmente in lega per distruggerlo. Principale architetto della macchina fu, come asseriscono alcuni, il Marchese che per tutto l'autunno di quell'anno faticò ad ordirla colla maggiore avvedutezza. Non fu però messa in azione che 1240 al principio del 1240 con un fatto per le circostanze e per le con (1) Da Bazzano Chr. Bon. Annal. Mutin. e Chron. Parm. ne' TT. 9. 11. 18. Rer. It. Script. seguenze assai strepitoso nelle storie (1). Salinguerra veduto il turbine da lontano, si diede con tutta sollecitudine a premunirsi. L'Imperatore gli spedì una squadra di scelti cavalieri, i quali, dice alcuno, che furono 800, altri meno, aumentati però dai Ferraresi, tra quali pochi erano i nobili che anzi ai primi moti di guerra cominciarono in gran numero l'un dopo l'altro ad uscire di città e portarsi a militare presso il Marchese. Ciò vedendo Salinguerra stimò prudenza il non chiudersi il nemico in seno, e quiadi non pur si oppose, ma anzi consigliò gli altri che rimanevano sospetti ad assentarsi. Da Modena, al contrario, da Parma, e da Reggio impetrò gagliardi rinforzi (2), e in essi e nella plebe ferrarese che tutta era in suo favore ripose le sue speranze. Passarono intanto per queste parti quattro botti piene di denaro che andavano all' Imperatore, ma Salinguerra per il prossimo bisogno si fece lecito l'arrestarle. Il dice almeno qualche scrittore, ma più verisimil' è che l'Imperatore glie le inviasse, o piuttosto che fosse uno stratagemma pel quale, dandosi a credere al popolo, con botti ripiene di tutt' altro, l'arrivo di abbondante moneta, si volesse lui animar maggiormente a combattere. Un altro provvedimento di Salinguerra fu certo taglio nel Po che sommerse i campi contigui alla città verso Settentrione a fin d'impedir ogni nemico assalto da quella parte, e di aver a impiegare forze minori nella custodia delle mura. I collegati in questo mentre cominciarono a comparire alla parte di Mezzogiorno, appostando le loro squadre in un prato a destra del Po nel borgo di s. Luca, ove si tenevan le fiere annuali, e stendendosi fino alla Porta ora distrutta del Borgo di sotto che stava presso alla Chiesa presente detta la Madonnina. Vennero il March. Azzo Novello co' sudditi suoi d' Este e Rovigo e co' Ferraresi fuorusciti, il Legato Pontificio Gregorio da Montelongo coi Milanesi e Lombardi, Stefano Badoario co' Veneziani, il Podestà di Bologna co' Bolognesi, Paolo Traversario co' Ravennati, il Co. Rizzardo di Sanbonifazio, Alberico da Romano, Biaquin di Gue (1) Rolandino. Il Mon. padovano. Gli Annal. Veron. Ricobaldo Hist. Imp. e Pomar. L'Anon. Chron. parva Ferrar. ecc. tutti nella Raccol. Rer. It. Script. oltre a molti mss. (2) Da Bazzano Hist. misc. Bonon. nel T. 18. Rer. It. Script. Frizzi Vol. III. 17 |